Reti distinte per scopo e forma delle azioni

 

 

ROBERTO COLONNA

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XXI – 22 giugno 2024.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Vi è mai capitato di andare da una stanza a un’altra di casa vostra e, all’arrivo, accorgervi di non ricordare più cosa dovevate fare e, magari, dopo un po’ ricordarlo? Cosa è accaduto? È accaduto che l’avvio automatico e involontario dell’esecutività neuronica corticale precentrale del complesso dell’azione specificata dai programmi di coordinazione e regolazione temporale sottocorticali, compreso il termine dell’azione nella stanza prefissata, non è stato accompagnato dal flusso di informazioni diretto alla rete della coscienza contenenti lo scopo dell’azione. Poi una traccia, uno stimolo esterno o una breve riflessione hanno evocato alla coscienza il contenuto sospeso nei circuiti della working memory.

Il nostro presidente ha studiato in passato il fenomeno, giungendo alla conclusione di una base neurofunzionale distinta per i due aspetti, ossia forma e scopo delle azioni finalizzate. In particolare, Giuseppe Perrella ha ipotizzato che la forma motoria comportamentale e lo scopo concettuale astratto, codificati e mediati da basi neurofunzionali diverse, siano tenute insieme da connessioni accessorie la cui entrata in funzione richiederebbe un’attivazione ottimale delle reti corticali[1]. Questa ipotesi spiegherebbe perché il fenomeno si possa verificare sporadicamente per motivi banali (stanchezza, interferenza ansiosa, difetto di O2 corticale, ecc.) e sistematicamente in presenza di danno patologico diffuso.

L’attenzione sperimentale è stata ora diretta verso un altro aspetto dell’esecuzione di atti finalizzati, ossia che la forma di una stessa azione può variare notevolmente nella sua esecuzione in rapporto al contesto sociale, alla circostanza particolare e all’elaborazione affettivo-emozionale dei contenuti connessi da parte del soggetto che la esegue. Questa riflessione ha portato a distinguere il piano motorio esecutivo, consistente nei segmenti motori composti a formare un pattern che si esprime alla fine nell’attivazione troncoencefalico-spinale dei muscoli, dalla qualità della forma dell’azione: ad esempio, il brusco tendere la mano di un calciatore all’avversario caduto per aiutarlo ad alzarsi, e lo stesso gesto compiuto con gentilezza per aiutare una fidanzata, una moglie o un figlio ad alzarsi per seguirlo.

Nelle interazioni sociali lo stile esecutivo delle azioni è molto importante, in quanto rivela l’atteggiamento che ciascuno di noi ha nei confronti degli altri, costituendo una parte importante del body language o linguaggio del corpo, seconda solo alla mimica facciale involontaria nel rendere contenuti psichici. Questa componente di “stile” dell’esecuzione, studiata pionieristicamente da Madame Orlic, ideatrice del primo metodo di esercizio psicomotorio della storia, è oggi convenzionalmente indicata come componente VF (da vitality forms) dell’azione, e studi recenti hanno individuato la sua sede di codifica nella corteccia dell’insula dorso-centrale (DCI, dorso-central insula).

Giacomo Rizzolatti, al quale si deve la scoperta dei “neuroni specchio” e della “rete specchio” che queste cellule costituiscono, con un nuovo gruppo di collaboratori ha indagato le basi neuroniche del rapporto esistente tra l’attività della corteccia premotoria, dove ha inizio l’azione nel cervello, e le aree di codifica dello scopo (goal) e dello stile esecutivo (VF, da vitality forms). Impiegando il metodo dei modelli causali dinamici, i ricercatori sono riusciti a stabilire la direzione del flusso di informazione tra l’insula (di Reil) e la rete parieto-frontale durante l’elaborazione cerebrale delle azioni dotate di una componente VF o del tutto prive di VF. I risultati dello studio sono di sicuro interesse neuroscientifico e pongono un’interessante questione neurofisiologica.

(Di Cesare G. et al., Two distinct networks for encoding goals and forms of action: An effective connectivity study. Proceedings of the National Academy of Sciences USA – Epub ahead of print doi: 10.1073/pnas.2402282121, 2024).

La provenienza degli autori è la seguente: Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università di Parma, Parma (Italia); Cognitive Architecture for Collaborative Technologies Unit, Italian Institute of Technology, Genova (Italia); Wellcome Centre for Human Neuroimaging, Institute of Neurology, University College of London, London (Regno Unito); Dipartimento di Neuroscienze, CNR, Parma (Italia); Department of Informatics, Bioengineering, Robotics and Systems Engineering, University of Genoa, Genova (Italia); Department of Psychology, Bilkent University, Ankara (Turchia); Department of Neuroscience, Bilkent University, Ankara (Turchia); Aysel Sabuncu Brain Research Center & National Magnetic Resonance Research Center, Bilkent University, Ankara (Turchia).

Le azioni dirette a uno scopo sono caratterizzate da due elementi principali: 1) il contenuto, ovvero il fine dell’atto; 2) la forma o stile, ossia il modo in cui la stessa azione è eseguita, detta – come abbiamo visto – VF (da vitality forms). Attualmente, grazie alle numerose conferme sperimentali e, in particolare, agli studi condotti sul sistema dei neuroni specchio, è accertato che, sia il contenuto dell’azione, sia la capacità di comprendere il contenuto (significato) delle azioni compiute da altri e rilevate grazie alla percezione visiva, sono mediate da una specifica rete formata da un insieme di aree cerebrali parietali e frontali interconnesse. Al contrario, le basi neurali delle VF non sono state ancora individuate.

Giuseppe Di Cesare, Giacomo Rizzolatti e colleghi hanno indagato questo aspetto, prendendo le mosse da risultati di studi che hanno dimostrato che l’esecuzione e l’osservazione di azioni caratterizzate da proprie VF attivano, oltre alla rete parieto-frontale, significativamente l’insula dorso-centrale (DCI). I ricercatori, usando il DCM (dynamic causal modeling), sono riusciti a stabilire quale sia nello stato fisiologico la direzione del flusso di informazione nel cervello umano, durante l’esperienza di visione/osservazione o di personale esecuzione di atti finalizzati, caratterizzati da uno stile (VF) garbato e cortese o brusco e rude. Basandosi su precedenti studi condotti mediante fMRI, i nodi selezionati per realizzate i modelli DCM sono stati questi: 1) il solco temporale postero-superiore (pSTS, da posterior superior temporal sulcus); 2) il lobulo parietale inferiore (IPL); 3) la corteccia premotoria (PM); 4) l’insula dorso-centrale (DCI).

Attraverso la comparazione di modello bayesiana, è risultato evidente che durante la visione di azioni eseguite da altri, due flussi nascono dal solco pSTS: uno diretto verso IPL, riguardante il fine dell’azione, e uno diretto verso DCI, riguardante le VF dell’azione. Durante l’esecuzione di azioni, due flussi nascevano dalla corteccia premotoria (PM), uno indirizzato verso IPL, relativo allo scopo dell’atto, e uno rivolto alla corteccia insulare DCI con informazioni circa il modo dell’esecuzione, ossia le VF.

I risultati emersi suggeriscono una questione fisiologica da vagliare sperimentalmente: gli aspetti qualitativi che caratterizzano un’azione sembra possano essere generati o evocati in due distinti modi: 1) cognitivamente, seguendo la via che connette PM a DCI; 2) affettivamente, col percorso inverso, da DCI a PM.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Roberto Colonna

BM&L-22 giugno 2024

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] Facendo riferimento alla distinzione operata da Gerald Edelman, Giuseppe Perrella parlava di reti corticali globali.